Il professore ad Acri ieri per ritirare il premio “Padula” ai ragazzi dice: «Una bella terra in mano a gente lurida»

Roberto Vecchioni torna nella città silana per la seconda volta ed è lui stesso che lo ricorda e ce lo ricorda; «mi ricordo un campo sportivo, una festa  di  partito  ed  un  signore  di mezza età che mi lanciava continue invettive fin quando ho smesso di cantare e l'ho invitato sul palco».

Era il 1984, festa dell'Unità. Oggi come allora il prof. Vecchioni, a 68 anni, ha la stessa carica, le stesse idee, la stesa voglia di comunicare. E' ad Acri per ritirare il premio della  sezione  “Narratori  del  nostro tempo” nell'ambito del Premio letterario Padula che vede premiati anche Luciana Castellina, Ferruccio De Bortoli e Maria Pia Ammirati. La location è quella a lui più congeniale,  un'aula  magna  colma  di studenti. Il vincitore di Sanremo, però, prima di interloquire con i ragazzi, parla da solo per un'ora abbondante toccando temi attuali partendo dal suo ultimo libro “Scacco a Dio”.

Il docente dell'Università di Pavia, parla di politica, di scuola, di cultura, del significato della parola, della Calabria ma soprattutto dei giovani calabresi. «Non penso che a voi interessi molto di rating, di debito pubblico e di Pil, piuttosto volete sapere che futuro vi aspetta. Ebbene, io non ho la sfera magica ma posso dirvi che al momento siamo nella merda e che c'è bisogno di uno scatto di orgoglio. Voi, giovani calabresi, abitate una regione bella, la più complicata, la più difficile ma dimenticata da tutti i governi. Mi reco qui spesso per le ferie e noto che è una regione con grandi difficoltà, con reati ambientali, con scarsa economia ma soprattutto la Calabria è in mano a gente lurida». Poi, le cose positive; «ricordatevi che la Calabria è la culla della Magna Graecia, ha una storia millenaria, piena di poeti bravi ma poco conosciuti, da qui è passato anche Platone. Insomma, ragazzi, avete tutti i buoni motivi per rivendicare i giusti diritti».  

Lo scrittore-cantante non usa mezzi termini per incitare il risveglio dei calabresi e delle nuove generazioni. Per colpire chi governa, Vecchioni usa la metafora di una nave per illustrare il momento attuale; «una nave di cui non si conosce il capitano, che si muove senza una meta prefissa, una nave alla deriva, ed è chiaro che questo governo è inadeguato». Partono applausi. Che si intensificano quando Vecchioni imbraccia la chitarra e canta “Sogna, ragazzo sogna” con la quale si conquista una standing ovation. Il dialogo con i ragazzi dura un'oretta durante la quale Vecchioni sprona gli studenti a leggere ed a essere protagonisti piuttosto che spettatori. Infine  il  Premio,  una  scultura  del maestro Silvio Vigliaturo dopo che Santino Salerno, uno dei sei componenti della giuria, legge la motivazione.  Vecchioni  ringrazia  e  si commuove  ed  omaggia  gli  oltre quattrocento intervenuti con “Chiamami ancora amore”, che, ammette, “non è certo la più bella canzone che ho scritto ma sicuramente quella che poteva colpire di più il grande pubblico.”

Roberto Saporito