Moretti l’indignato «Stanco di prese in giro»
Il regista incontra gli studenti ad Acri.
Poi riceve il Premio Padula
PARLA, parla, si concede qualche pausa, riprende a parlare, dimentica la domanda di uno studente e se la fa ripetere, poi conclude. Nanni Moretti somiglia ai personaggi che porta sul grande schermo anche nella sala polivalente di Acri, provincia di Cosenza, dove affronta una platea gremita di ragazzi. L’aria un po’ svaga ta e l’aplomb dell’intellettua le impegnato in un solo uomo, argomenta con lucidità, condendo con quel tono saccente e ironico che ha contribuito a renderlo celebre.
E le digressioni sono aneddoti gustosi, come quando racconta di essere stato rimandato in secondo liceo in tre materie e di essere poi stato bocciato agli esami di riparazione per un 2 in Scienze. O come quando ricorda di aver chiesto a Silvio Orlando di dimagrire, per giunta durante le feste natalizie, per girare quel quarto episodio di Caro diario poi eliminato. Gli piace parlare con gli studenti delle scuole superiori, preparati e attenti, che ieri mattina hanno partecipato alla conclusione del seminario sul cinema del regista, organizzato dal Premio Padula. E rispondere alle curiosità su Habemus Papam, Palombella rossa, Il Caimano e alle domande sul Moretti pensiero è un altro modo per parlare di se stesso e della società.
«Ultimamente sto viaggiando molto. E sono stanco di essere preso in giro come cittadino italiano. L’Italia ha perso tanta credibilità all’estero e non se lo merita. Non si era mai visto un Paese con 60 milioni di persone in ostaggio di una sola persona». La critica al governo e all’opposizione è inevitabile per uno che nel 2002 portava la gente in piazza col movimento dei girotondi.
«In altri Paesi, per un millesimo di quello che è accaduto in Italia, non solo l’opposizione ma gli stessi alleati avrebbero indotto il presidente del consiglio alle dimissioni». L’analisi sembraquella lucida e sconcertata del protagonista di Aprile. Dal grande schermo chiedeva a D’Ale ma di dire «una cosa di sinistra», ad Acri sostiene che «dopo il ’96 la sinistra si suicidò, perché l’autolesionismo è nel suo dna, e non fece la legge sul conflitto di interessi». Cinema e vita, vita e cinema. Ne Il Caimano, nei panni di Berlusconi, invocava la rivoluzione contro i magistrati, oggi ammonisce che «le macerie resteranno per altri dieci anni anche se domani si cambia governo». Motivo? «Ci siamo abituati a tutto. A Bossi e al suo dito medio, a Bossi che parla di fucili da vent’anni, che manda a fanculo i giornalisti e li minaccia di prenderli a bastonate. Queste sono macerie di costume, etiche, culturali».
E aggiunge: «In qualsiasi democrazia c’è un patrimonio di valori comuni. In Italia c’era. Un democristiano e un comunista riuscivano a parlare e a comunicare perché avevano scritto insieme la Costituzione. Da 17 anni questo patrimonio comune non c’è più». Che fare quindi? «Ai giovani consiglio di non guardare solo la tv, di avere più scambi culturali». E il Premio Padula, organizzato dall’omonima Fondazione presieduta da Giuseppe Cristofaro, è un’ottima occasione. I ragazzi, prima di discutere con Nanni Moretti, hanno visto Caro diario e Habemus papam, l’ultimo film del regista, pluripremiato ai Nastri d’argento.
E le curiosità sul motivo ispiratore del film dedicato alla rinuncia di un Papa sono tante. «Quel balcone che rimane vuoto, davanti alla folla in attesa, è come se svelasse la nudità del potere. L’idea di dover rappresentare tutti gli uomini, porta quel papa a fare i conti con la propria debolezza, che è una forza». Questo, però, è solo il suo modo di vedere. «Un film non è una scienza esatta, non c’è una sola interpretazione che deve dare il regista». Prende le distanze, quindi, da «quei registi che cercano di far cambiare idea al pubblico, di far prendere coscienza. Così ci si mette su una strada stretta che porta a fare un film brutto». Sarà per questo che, per lui, «i film sono pezzi di vita, una traversata dentro di sè». Un’idea che lo ha portato a partecipare a tutti le sue pellicole, «anche se ci sono attori più bravi di me».
«Però aggiunge partendo da me stesso sono riuscito a raccontare gli altri. E per me è stato un onore». Egocentrismo consapevole e sociale. Applausi. Fotografie e autografi, cui il regista si sottopone con grande pazienza. Poi a pranzo in un ristorante del centro presilano, a gustare un antipasto calabrese e lagane e ceci. A tavola, Moretti parla fitto con l’amica di lunga data, Giovanna Taviani, figlia e nipote dei registi Vittorio e Paolo, che ha coordinato il dibattito della mattina. Una pausa prima di ricevere il premio Padula nel pomeriggio.